Giornalista, scrittore e profondo conoscitore della Cina, Adriano Màdaro racconta ciò che ha compreso del Dragone grazie ai suoi studi e ai 216 viaggi che ha compiuto dal 1976 a oggi

Da quando mi occupo di Cina, in più occasioni mi sono imbattuta nel nome di Adriano Màdaro.

La prima volta è stata nel 2005, quando ho visitato la prima mostra del ciclo La Via della Seta e la Civiltà Cinese, che Màdaro ha curato a Ca’ dei Carraresi a Treviso. A quella prima esposizione ne seguirono altre tre, che ho avuto la fortuna di poter ammirare.

Un altro momento che ho ben impresso nella mente è quello in cui mi è capitato per caso tra le mani il suo libro fotografico 1976-2008 Testimone a Pechino (China Intercontinental Press, 2010), che raccoglie degli scatti della capitale cinese dalla fine degli anni Settanta alle Olimpiadi del 2008. Immagini che ci permettono di vedere come Pechino si sia trasformata in poco più di trent’anni.

capire_la_cina_madaroCosì, quando ho saputo dell’uscita del libro di Adriano Màdaro Capire la Cina (Giunti, 2021), non ho potuto rimandarne la lettura. E ne è valsa davvero la pena.

Non fatevi assolutamente spaventare dalla mole del volume, perché le quasi settecento pagine del libro, pur essendo dense di informazioni e analisi, sono scorrevolissime. L’autore, infatti, dosa sapientemente nozioni, spiegazioni, riflessioni, ricordi e aneddoti personali legati ai suoi 216 viaggi in Cina, compiuti tra il 1976 e il 2020.

Capire la Cina  è una lettura adatta sia ai più esperti di Cina, sinologi e non, che troveranno tra le pagine del libro una Cina che oggi non abbiamo più la possibilità di vedere, sia a chi sa poco o nulla del Paese di Mezzo, che potrà avvicinarvisi grazie alle parole preziose di un testimone d’eccezione come Adriano Màdaro, che frequenta la Cina e i cinesi da oltre quarant’anni e ha una straordinaria capacità di raccontarla.

Consapevole che «non si può capire la Cina odierna se non si conosce ciò che è stata in passato», il giornalista ci accompagna nella storia del Paese e dei suoi rapporti con l’Occidente, spiega l’origine e l’evoluzione delle relazioni tra Cina e Italia, ricordando in particolare le figure di tre italiani, Marco Polo, Matteo Ricci e Giuseppe Castiglione, che hanno avuto con la Cina un rapporto privilegiato grazie al modo in cui vi si sono approcciati. Una modalità che l’autore stesso adotta nella sua lunga e assidua frequentazione della Cina e dei cinesi. Anche lui, come i suoi illustri predecessori, ha abbandonato il punto di vista occidentale adeguandosi a quello cinese, unica via per la reale comprensione.

Màdaro arriva poi ai tempi più recenti, ricorda Mao Zedong e il rapido sviluppo seguito alle riforme promosse da Deng Xiaoping, si sofferma sul sogno cinese e sul socialismo con caratteristiche cinesi, espressioni che sentiamo ripetere con insistenza quando oggi si parla di Cina e del suo uomo simbolo, il presidente Xi Jinping, di cui Màdaro scrive nell’ultima parte del libro. Nella quarta parte, trovano spazio anche le relazioni tra Cina e Stati Uniti, soprattutto in relazione alle scelte adottate dal precedente presidente Usa Donald Trump, e il progetto della Nuova Via della Seta, di cui si è tanto parlato in Italia in occasione della visita del presidente cinese nel marzo del 2019.

Ho trovato particolarmente interessante, poi, il capitolo in cui il giornalista affronta il tema spinoso delle questioni territoriali aperte in Cina, dal Tibet allo Xinjiang, fino alle isole contese nel Mar cinese meridionale. Màdaro, seguendo il suo interesse per la geografia, sceglie di ripercorrere le vicende di questi territori basandosi sulle mappe storiche dell’Asia degli ultimi due secoli. Un approccio per me assolutamente inedito, che merita di essere letto con molta attenzione.

Questa varietà di argomenti e approfondimenti è arricchita da ricordi e aneddoti personali del giornalista, che condivide con il lettore i suoi taccuini di viaggio, gli incontri e le esperienze vissute, svelando anche le radici del suo immenso interesse per la Cina, nato quando ancora bambino fantasticava sulla figura di Marco Polo affascinato dalle pagine del suo Milione e cresciuto poi ritagliando le pagine dei giornali che parlavano della Cina e leggendo una raccolta di racconti di Lu Xun, da cui ha «imparato a osservare le cose da un doppio punto di vista: quello utile e quello apparentemente inutile che può tornare utile», che è per lui «la sintesi dell’essere cinese».

In un’epoca in cui la comunicazione corre veloce grazie al web e alle numerose applicazioni di messaggistica istantanea, si legge con un misto di nostalgia e incredulità il racconto della corrispondenza che il giovane Màdaro avviò con Armand Su, un cinese, poliglotta, poeta, finito nell’occhio del ciclone della Rivoluzione culturale e, dopo anni di lettere, finalmente incontrato nel corso del suo primo viaggio in Cina.

Spicca poi nel libro la sezione dedicata a Tre incontri speciali: Mao Xinyu, il nipote di Mao Zedong, Li Shuxian, la vedova dell’ultimo imperatore, e il pittore Wang Daguan, testimonianze uniche che ci offrono spaccati del passato cinese attraverso le voci di personaggi che hanno un punto di vista assolutamente unico.

Ciò che completa, a mio modesto parere, la perfezione di questo libro è infine la scrittura di Adriano Màdaro. Uno stile semplice, chiaro, diretto, in grado di far sentire davvero la Cina più vicina, meno misteriosa, anche agli occhi di chi fatica ad andare oltre le apparenze, i pregiudizi che spesso acccompagnano questo Paese. Ad ogni pagina, riga dopo riga, oltre alle numerosissime informazioni e spiegazioni, Màdaro riesce a trasmettere la sua profonda dedizione per la Cina, per la sua cultura e per il suo popolo.

Una dedizione che culmina nella frase che chiude questo meraviglioso viaggio nel Paese di Mezzo:

«Credo nell’interesse di tutti che la Cina, dopo le sue storiche vicissitudini spesso dolorose, debba riappropriarsi del suo ruolo di protagonista centrale. Lo pretende il suo stesso nome: Zhongguo».

 

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Capire la Cina
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