Ma Jian intreccia presente e passato demolendo il Sogno Cinese del presidente Xi Jinping

Per chi conosce Ma Jian, la sua biografia e le sue opere e segue almeno un po’ le vicende cinesi, è facile capire fin dal titolo che Il sogno cinese, suo ultimo romanzo pubblicato di recente da Feltrinelli (2021), ha uno stretto legame con l’attualità cinese e la politica di Xi Jinping.

L’espressione Sogno Cinese, infatti, come ricorda lo stesso Ma Jian nella prefazione al romanzo, è stata lanciata per la prima volta dal presidente cinese nel novembre 2012, due settimane dopo essere stato eletto Segretario generale del Partito, al termine del XVIII Congresso del Partito Comunista Cinese, e pochi mesi prima di diventare presidente della Cina.

In quell’occasione, visitando la mostra La strada per il ringiovanimento sulla storia moderna cinese, dalla Guerra dell’Oppio ai giorni nostri, al Museo Nazionale della Cina, Xi Jinping annuncia il «sogno cinese di ringiovanimento nazionale», impegnandosi a portare alla Cina un maggiore benessere economico e a restituirle la gloria del passato.

Pochi mesi dopo, nel marzo 2013, in occasione della sua elezione alla presidenza della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping torna a parlare del Sogno Cinese, invitando i cinesi a dare il loro contributo a realizzarlo e delineando un percorso di riforme necessarie per raggiungere l’ambizioso obiettivo.

Un obiettivo che nella prefazione Ma Jian boccia su tutta la linea, liquidandolo come

un’altra bella bugia costruita dallo stato per rimuovere dalla mente delle persone i brutti ricordi, sostituendoli con pensieri felici. Decenni di indottrinamento, propaganda, violenza e menzogne hanno ridotto la popolazione cinese a un tale livello di paralisi e confusione che non è più in grado di distinguere fra realtà e finzione.

sogno cinese_ma jian_coverQuesta, in estrema sintesi, la premessa indispensabile per entrare nella storia raccontata nel romanzo Il sogno cinese di Ma Jian. Un romanzo breve ma impegnativo, denso di riferimenti storici, passati e presenti, attraverso i quali lo scrittore cinese lancia un duro attacco al governo, svelandone senza mezzi termini mancanze e punti deboli, errori e atrocità. Per farlo mescola realtà e finzione, tratteggiando un personaggio grottesco, in cui esaspera i tratti del funzionario di partito corrotto.

Il protagonista della storia è Ma Daode, Direttore dell’Agenzia del Sogno Cinese nella prefettura di Ziyang, sessantenne, incline a intascare mazzette e a tradire la moglie con le sue dodici amanti. L’obiettivo di Ma Daode è fare in modo che il Sogno Cinese entri nella mente di ogni abitante, attuando un lavaggio del cervello a tappeto, che cancelli ricordi, desideri e aspirazioni personali. Come riuscirci? Sviluppando il Dispositivo del Sogno cinese, un microchip da impiantare nella testa delle persone.

Ma, paradossalmente, a mandare in frantumi i suoi piani sono proprio i suoi ricordi, quelli che questo fantomatico dispositivo dovrebbe essere in grado di cancellare per sempre. Il passato ossessiona e tormenta Ma Daode. Ed è un passato tragico e doloroso, quello della Rivoluzione Culturale, durante la quale, giovane Guardia Rossa, Ma Daode denuncia il padre come controrivoluzionario. I suoi genitori, perseguitati, non reggono la pressione e si suicidano.

Ma Daode, quindi, deve fare i conti con i tremendi sensi di colpa che lo attanagliano, riportandogli continuamente alla mente i tragici fatti di cui è stato protagonista durante quegli anni terribili, in cui una sorta di follia collettiva si era impadronita delle persone.

Passato e presente, Rivoluzione Culturale e Sogno Cinese, si alternano e si mescolano in tutto il libro, in un parallelismo che porta il lettore a interrogarsi sulle loro implicazioni storiche e sociali. E nonostante il protagonista faccia di tutto per sfuggire al suo passato e sia impegnato in prima linea per cancellarlo definitivamente dalla mente di tutti i cinesi, proiettandosi e proiettandoli nel futuro del Sogno Cinese, si renderà conto sulla sua pelle di come non esistano né presente né futuro senza un passato.

Emblematica la scelta della Rivoluzione Culturale, uno dei periodi più bui della recente storia cinese che, come altri eventi storici in Cina, è stato cancellato come se non fosse mai accaduto. Proprio come la repressione delle manifestazioni in Piazza Tian’anmen nel 1989.

Ma Jian sa di cosa parla. Anche lui ha interrotto i suoi studi proprio in seguito allo scoppio della Rivoluzione Culturale. E sa di cosa parla anche quando scrive:

I tiranni non si sono mai limitati a controllare la vita della popolazione cinese: hanno sempre cercato di entrare nella mente delle persone, per rimodellarle dall’interno.

Per non sottostare a questo meccanismo, per scrivere ed esprimersi liberamente, infatti, Ma Jian ha lasciato la Cina, stabilendosi in Europa, prima in Germania e poi in Gran Bretagna. Ma il legame con il suo Paese d’origine non si è spezzato. Da lì, continua ad occuparsi della Cina, a metterne in luce le ombre, a svelare il suo vero volto nascosto dal velo della propaganda politica, che presenta all’estero un’immagine parziale ed edulcorata della realtà cinese.

Paradossalmente, nonostante i suoi libri in Cina siano censurati fin dalla sua opera di esordio Tira fuori la lingua e negli ultimi sei anni gli sia stato anche negato il diritto di farvi ritorno, Ma Jian sembra rivolgersi proprio ai lettori cinesi, come se volesse risvegliarli dal torpore e da quel Sogno Cinese in cui sono immersi.

E per un libro dal significato così profondo non poteva esserci copertina più azzeccata. L’immagine dell’albero dai rami in pezzi è opera dell’artista cinese Ai Weiwei, altra voce nota in Occidente per le sue dure critiche nei confronti del governo cinese. Un’immagine fortemente evocativa, come spiega lo stesso Ma Jian, in chiusura del libro:

Nei rami frantumati vedo la brutalità dell’autocrazia, il sé fatto a pezzi e il forte desiderio di libertà dell’animo umano. Racchiude tutto ciò che volevo esprimere con Il sogno cinese».

 

Sommario
Data
Titolo
Il sogno cinese - Ma Jian
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