Lisa See racconta una storia di amore e affetti, nella Cina di fine anni Cinquanta, quando le campagne erano devastate dalle conseguenze delle politiche maoiste e i rapporti umani basati sul sospetto
Non avevo mai letto nulla di Lisa See, scrittrice statunitense con origini cinesi. Ho deciso di iniziare con Le perle del drago verde, romanzo del 2011, pubblicato in Italia da Longanesi e Tea. E devo dire che è stata una piacevole scoperta. Non solo per la storia in sé, ma soprattutto per come attraverso di essa l’autrice dipinga un quadro dettagliato di quella che era la Cina ai tempi del Grande Balzo in Avanti, la politica economica e sociale lanciata dal presidente Mao Zedong nel 1958 con l’obiettivo di trasformare il sistema economico cinese, da agricolo a industrializzato.
Solo al termine del libro, ho scoperto che Le perle del drago verde è il proseguimento del libro di Lisa See Le ragazze di Shanghai, ma vi assicuro che il fatto di non aver letto il primo romanzo dedicato alle vicende delle sorelle May e Pearl Chin non ha minimamente compromesso la comprensione della storia, perché i richiami al passato delle sorelle sono spiegati in modo esaustivo, rendendo le due letture totalmente indipendenti l’una dall’altra. Di certo, però, visto che ho apprezzato questo libro, leggerò presto anche Le ragazze di Shanghai.
La vicenda prende le smosse dalla scoperta di un segreto, che sconvolge la vita di Joy, diciannovenne cinese che vive nella Chinatown di Los Angeles.
Quella che ha sempre creduto essere sua madre è in realtà sua zia, quella che chiamava zia è sua madre, suo padre da poco morto non è il suo vero padre, che invece vive in Cina ed è un famoso artista. Tutte le sue convinzioni vengono travolte, le sue certezze crollano e nella sua testa si affollano interrogativi a cui ha bisogno di dare risposta.
Decide così di scappare da Los Angeles per volare a Shanghai alla ricerca del suo padre naturale, convinta così di rispondere anche all’appello lanciato da Mao Zedong a tutti i cinesi all’estero per impegnarsi e dare il proprio contributo alla crescita del Paese.
«Sono venuta in Cina per servire il popolo e rispondere alla chiamata rivolta ai cinesi patriottici degli Stati Uniti».
Così risponde all’ispettore che controlla i suoi documenti al momento del suo ingresso in Cina.
«Voglio contribuire al progresso dell’umanità e alla ricostruzione nazionale!»
La sua convinzione, però, si infrangerà presto contro la realtà. Una realtà ben diversa da quella percepita all’estero.
La Shanghai in cui arriva non ha nulla a che vedere con quella dipinta da sua madre e sua zia nel racconto dei loro ricordi. E andando avanti, Joy scoprirà i lati bui della Cina maoista. Si renderà conto di quello che c’è realmente dietro le politiche di Mao, di quanta sofferenza e quante vite costino, di come le persone non abbiano alcun valore e debbano esclusivamente adeguarsi ai dettami del potere, anche quando questi sono insensati e mettono a rischio le loro vite.
In Cina non trova nulla di quello che si aspettava, ma non riesce a comprende subito fino in fondo la realtà.
Segue il padre mandato in campagna per rieducarsi e si immerge così in una realtà dura, cruda, ma non ha ancora gli strumenti per capirla. Accecata dall’amore per Feng Tao, ancora ammaliata dagli slogan maoisti, si ritrova in una situazione drammatica, da cui in un primo momento non riesce ad ammettere, nemmeno a se stessa, di voler fuggire.
Ripete che la Cina è la sua patria, che vuole essere una vera cinese e si sposa con Feng Tao, un giovane contadino che si rivelerà essere spinto unicamente dall’opportunismo.
Sorda agli ammonimenti della madre, che cerca di aprirle gli occhi sulla realtà che la circonda e sulla sua condizione, va dritta per la sua strada, spinta anche dalla volontà di ribellarsi alla famiglia, verso cui prova ancora un forte risentimento per le bugie che le ha raccontato per anni.
Presto, però, capisce di aver fatto scelte avventate, ritrovandosi impantanata in una situazione che non è quella che aveva immaginato.
Ho capito che era stato un errore già la mattina dopo il matrimonio e da allora ogni mattina mi sono svegliata con questa consapevolezza, ma la mia testardaggine di tigre mi ha spinto ad accettare tutto come la punizione che credo di meritare.
Ma continua ad essere combattuta, a farsi domande, a scavare dentro se stessa.
Forse non ho fatto uno sbaglio. Forse sono solo una ragazza di Los Angeles vissuta per troppo tempo fra comodità e sprechi.
Nel villaggio del Drago Verde, Joy scopre la povertà che attanaglia le campagne su cui si abbattono gli effetti della politica del Grande Balzo in Avanti. Comprende, vivendole sulla propria pelle, l’assurdità di alcune politiche messe in atto dal Partito, l’insensatezza degli obiettivi perseguiti a tutti i costi, senza tenere conto delle catastrofiche conseguenze per le persone e per il Paese.
Oltre alle difficoltà materiali, deve fare i conti con la diffidenza su cui si basano i rapporti umani, la crudeltà che spesso li regola.
Il racconto procede alternando il punto di vista di Joy e quello di Pearl, la madre che l’ha cresciuta e che si è rivelata essere in realtà sua zia.
Pearl segue sua figlia in Cina, decisa a riportarla a casa. Per entrambe il viaggio e il confronto con la realtà cinese sono scanditi da interrogativi che le due donne si pongono e a cui, con il procedere della storia, riescono a trovare risposta. Entrambe, quindi, affrontano un percorso di consapevolezza che le porterà a fare pace con se stesse, con i loro affetti e con il loro passato.
Joy arriva a questa conclusione:
Pensavo di poter risolvere i miei conflitti interiori aggrappandomi all’idealismo, ma quando ho guarito i miei conflitti interiori ho perso il mio idealismo.
Pearl, invece, ritrova la sua forza e supera le sue paure:
Nella vita si finisce per tornare sempre al principio. Stavo tornando a casa, alle mie radici, al luogo dove la mia sensibilità di donna era stata violata, ma in quel luogo ho potuto riscoprire chi sono veramente: un drago con una grande forza e capace di perdonare.
Le loro vicende personali si intrecciano alla storia cinese. Attraverso i loro occhi, Lisa See ricostruisce la drammaticità della situazione cinese all’epoca del Grande Balzo in Avanti. Le descrizioni della carestia, delle persone affamate e moribonde, delle sedute di critica e della disperazione dilagante sono atroci.
L’autrice non risparmia critiche dirette nei confronti di Mao e della dirigenza cinese dell’epoca, mettendone in luce le scelte avventate e le conseguenze disastrose per il popolo cinese.
Per far sì che un bue o un bufalo d’acqua lavorino così duramente occorre mettergli i paraocchi e lasciarli all’oscuro di tutto. È questo che sta facendo il governo con le masse. Perché? Perché in Cina le vere bestie da soma sono i contadini. Eppure nessuno critica il presidente Mao.
E ancora:
Ora capisco come tutto questo possa essere accaduto e anche perché nel nostro Paese non ci siano state rivolte, proteste o insurrezioni. Siamo troppo deboli, stanchi e impauriti per intraprendere simili azioni. Affamandoci ci hanno fatto il lavaggio del cervello, e la gente crede ancora nel presidente Mao e nel Partito comunista.
Particolarmente forte anche la parte in cui si parla della pratica dei piedi fasciati, usanza del passato, di cui molte donne all’epoca ancora portavano i segni tangibili.
Le perle del drago verde è un romanzo intenso e toccante, che commuove ed emoziona, indigna e fa riflettere, approfondendo una tragica pagina di storia cinese attraverso le vite di chi l’ha subita.