Un romanzo drammatico ambientato nella Cina rurale in cui per sopravvivere si è disposti a tutto, anche a uccidere
“Legno sacro” è l’espressione con cui in Cina per secoli ci si è riferiti al carbone. Lo spiega un minatore di lunga data a un giovane ragazzo alle prime armi in uno dei brani più toccanti e delicati di Legno sacro di Liu Qingbang, tradotto da Barbara Leonesi e pubblicato nel 2012 da O barra O. Un brano che spezza il susseguirsi di crudeltà e spietatezza su cui si dipanano le vicende che hanno per protagonisti due minatori senza scrupoli.
Ambientato nella Cina rurale, dove per tentare di sopravvivere e sfuggire alla povertà i contadini sono costretti a spostarsi da un villaggio all’altro in cerca di lavoro, Legno sacro racconta il mondo delle miniere, svelandone la durezza, senza celarne i dettagli più crudi e raccapriccianti.
La vicenda prende le mosse dal piano criminale messo a punto dai due protagonisti, Song Jinming e Tang Zhaoyang, disposti a tutto, anche a uccidere, in nome del guadagno. Niente li ferma, portano avanti la loro messinscena senza esitazioni, conquistandosi con abilità ed estrema freddezza la fiducia dei loro bersagli, che in preda alla disperazione si affidano speranzosi nelle loro mani. È un piano ormai collaudato, studiato in ogni minimo dettaglio e portato avanti ripetutamente con determinazione. Una volta individuato il bersaglio, i due compari entrano in scena e recitano le loro parti, seguendo un copione stabilito e svelato al lettore in tutta la sua crudeltà.
Ma i piani dei due compari si infrangono quando scoprono di aver scelto come bersaglio Wang Feng, il giovane figlio della loro vittima precedente. Una circostanza imprevista, che non avevano messo in conto e che porta a galla il senso di colpa di Tang Zhaoyang che, a differenza di Song Jinming, ha spesso dei pensieri, dei tentennamenti, mostrando di conservare ancora un briciolo di umanità, sepolta sotto tanta spietatezza.
La storia è dura, triste, drammatica e Liu Qingbang la racconta con un linguaggio crudo che provoca in chi legge una sensazione di disagio e disprezzo nei confronti dei due protagonisti e delle loro azioni. Lo stile è semplice e scorrevole, asciutto e senza fronzoli, perfettamente in linea con l’essenzialità e la crudezza delle situazioni che descrive.
Si percepisce con chiarezza che chi scrive conosce profondamente la realtà di cui parla, ha familiarità con il mondo delle miniere e del carbone, ha conosciuto molti minatori, ha visto con i propri occhi sfruttamento e disperazione, ha vissuto sulla propria pelle pericoli e difficoltà. Per nove anni, infatti, l’autore di Legno sacro ha lavorato in miniera, un’esperienza che ha poi narrato nei suoi libri in maniera realistica, svelando le contraddizioni di una realtà solo parzialmente nota. Una realtà che Liu Qingbang romanza ma senza intaccarne la veridicità.
La forza narrativa di questo romanzo breve sta infatti anche nel riuscire a far sentire come possibili le vicende narrate. Il realismo delle descrizioni è talmente forte che si finisce col dimenticare che si tratta di finzione e più che un romanzo, soprattutto in alcuni passaggi, sembra di leggere una cronaca giornalistica.
Con Legno sacro Liu Qingbang ha vinto il premio Lao She nel 2002 e l’anno successivo il film Blind Shaft di Li Yang, che porta sugli schermi la storia dei due minatori cinesi, è stato premiato con l’Orso d’Argento al Festival del Cinema di Berlino.