Una storia tra presente e futuro, realtà e immaginazione, per interrogarsi sulla società e sulle degenerazioni legate alla realtà virtuale
A chi conosce il catalogo di Orientalia Editrice il nome di Alessandro Zhu suona familiare. È stato, infatti, uno dei quattro vincitori della prima edizione del concorso di racconti Cinarriamo, lanciato dalla casa editrice stessa per dare voce ai sino-italiani, figli di immigrati cinesi o di coppie miste, nati o cresciuti in Italia. I quattro racconti selezionati erano poi stati pubblicati nel 2019 nell’omonima raccolta.
Anche in quell’occasione Alessandro Zhu aveva scelto come titolo una data futura, il 2083, scrivendo un racconto fantascientifico dove in un’ipotetica realtà distopica la ricerca della propria identità resta ancora un percorso difficile e doloroso dagli esiti per nulla scontati.
Nel suo primo romanzo 2088 (Orientalia Editrice, 2022), come si evince dal titolo, ci proietta ancora una volta nel futuro, questa volta però restando ancorato al presente e mettendo da parte i temi dell’identità.
Due i binari su cui procede il racconto: il primo tiene il lettore ancorato a una realtà che ben conosce, quella del 2020, anno segnato dalla pandemia, mentre il secondo lo proietta in un futuro immaginario, nel 2088, anno in cui l’umanità intera vive connessa alla Grande Rete e il mondo è ormai entrato nella Grande Virtualizzazione Mondiale.
In 2088 proprio la pandemia del 2020 gioca un ruolo fondamentale nel far diventare realtà la Grande Virtualizzazione Mondiale. Il mondo piomba in una situazione terribile, con i contagi che corrono da un angolo all’altro del pianeta. Come sfuggire all’isolamento forzato che sembra l’unica via di salvezza da un virus sconosciuto che alimenta paure e incertezze? La realtà virtuale offre una risposta, una via d’uscita, un rifugio.
Così il mondo si popola di utenti, che trascorrono le loro giornate connessi, indossando un visore VR che li armonizza con un mondo virtuale, dove sono impegnati ad accumulare crediti per accrescere il loro livello social, nella speranza di riuscire prima o poi a partecipare al programma che potrebbe cambiare le loro vite: il Quiz Nazionale. Una sorta di paradiso, dove nell’idea del suo ideatore, Edward Miskin, le persone dovrebbero essere al riparo da sofferenza e cattiveria, protetti in una bolla di pace e serenità. Ma è davvero così?
La storia scritta da Alessandro Zhu porta a interrogarsi sul presente, sulla società in cui viviamo e su noi stessi. Perché i semi di quel 2088 da lui immaginato sono in realtà già stati piantati e stanno germogliando nella nostra quotidianità. Tecnologia, realtà virtuale, social network permeano le nostre giornate, spesso estraniandoci da ciò che ci circonda e da chi ci sta accanto, e lo scenario raccontato nel romanzo di Alessandro Zhu delinea le conseguenze estreme del loro utilizzo smisurato e spesso troppo inconsapevole. In un certo senso, quindi, quel 2088 che sembra un’estremizzazione lontanissima da noi, non lo è poi così tanto.
Solitamente la letteratura dei cinesi emigrati all’estero o degli scrittori di origini cinesi, sia essa scritta in lingua cinese o nella lingua del Paese in cui vivono, è accomunata da tematiche ricorrenti, come la ricerca della propria identità, la difficoltà di conciliare due culture diverse, il percorso di integrazione in una società che spesso li etichetta come “estranei”, o ancora il rapporto con la propria famiglia, di cui molte volte si ripercorre la storia, prendendola come spunto per raccontare anche quella del proprio Paese di origine.
Con questo romanzo Alessandro Zhu rompe gli schemi a cui siamo abituati e spiazza il lettore con un tema attuale e trasversale, che riguarda tutti, al di là delle origini, dei luoghi e delle peculiarità di ognuno di noi. Non colloca la sua storia in un luogo preciso e identificabile, non tratteggia i suoi personaggi in maniera specifica e dettagliata, contribuendo così a dare alla storia di 2088 un respiro universale.