Da Mo Yan a Yan Lianke fino a Liu Yichang, nel catalogo della casa editrice Einaudi tanti e importanti titoli di scrittori cinesi
Indice
BAI XIANYONG
Il maestro della notte (traduzione di Maria Rita Masci, 2005)
Taipei (Taiwan), inizio anni Settanta. Un gruppo di ragazzi omosessuali si riunisce nel Parco Nuovo. Aqing, il narratore, bandito dalla scuola perché sorpreso in atti osceni con un sorvegliante e cacciato di casa dal padre, austero ufficiale del Guomindang, si ricrea una famiglia nella società del parco. In questo regno nascosto che non conosce la luce del giorno, i ragazzi – sotto la guida del loro mentore, il «maestro della notte», Yang – si prostituiscono per sopravvivere. Eppure ciascun ragazzo ha un sogno, un progetto segreto che ha ancora sapore di infanzia, di gioco, e storie da raccontare. Aqing, Wu Min, Xiaoyu, il Sorcio e gli altri formano una nazione illegale con regole e gerarchie. E con propri miti, come la tragica storia d’amore fra il Dragone e la Fenice. Storia estrema che diventa, nel romanzo, paradigma della condizione dei giovani omosessuali. Accanto a loro prende forma il mondo degli adulti, con figure come quelle di nonno Guo e del vecchio signor Fu. E prende forma, in una immersione totale nelle strade nei sapori nei cibi e nella cultura cinese, l’intera città, non solo quella dei «reietti». Quando i suoi protetti saranno cacciati dal parco, il Maestro della notte li guiderà a costruire una nuova impresa, il mitico bar-ristorante «La Terra di beatitudine», e a traghettare il guado piú difficile: quello della consapevolezza.
CAO XUEQIN
Il sogno della camera rossa (traduzioni di Clara Bovero e Carla Pirrone Riccio, 2020)
È uno dei Quattro grandi romanzi classici della letteratura cinese. Composto a metà del XVIII secolo, narra l’amore travagliato di Baoyu, erede della ricca e nobile famiglia Jia, e Lin Dayu, sua cugina. Due figure attorno alle quali ruotano una moltitudine di altri personaggi, che contribuiscono a tratteggiare un quadro dettagliato della società cinese nell’epoca della dinastia Qing (1644-1922). Le loro vicende animano i 120 capitoli che compongono il romanzo, attribuito a Cao Xueqin (1715-1763), che per molti aspetti si ispirò alla sua vita e alle vicende della sua famiglia. Morì però prima di portarlo a termine, per questo gli ultimi 40 capitoli sono attribuiti a Gao E, che li scrisse seguendo gli appunti lasciati dallo stesso Cao.
HAN SHAOGONG
Il dizionario di Maqiao (traduzione di Maria Rita Masci e Patrizia Liberati, 2021)
Durante la Rivoluzione culturale, Han Shaogong viene mandato a Maqiao, un villaggio rurale nella provincia dello Hunan, insieme a migliaia di suoi coetanei: colpevole, come loro, di essere un «giovane istruito», deve seguire un percorso rieducativo attraverso il lavoro della terra. Han Shaogong affiderà il racconto di questo soggiorno alle voci di un dizionario, nel commovente tentativo di salvare attraverso le parole un dialogo culturale reso impossibile dal clima maoista. I personaggi e le storie che poco per volta si uniscono a formare un unico affresco sono dei più vari: il nullafacente Ma Ming, un taoista che vive al di fuori della società; il cantante dongiovanni che si scopre, alla sua morte, essere privo degli organi genitali; la «donna-sogno», considerata veggente perché in grado di indovinare i numeri della lotteria; la mucca Padron Hong, ritenuta la reincarnazione di un latifondista; un cane giallo; la pioggia.
LIU SOLA
La piccola storia della grande famiglia Ji (traduzione di Maria Rita Masci, 2008)
Fondendo insieme miti, leggende, racconti fantastici e canzoni, Liu Sola ci offre un grande affresco, nel quale il mondo dei vivi e quello dei morti sono in continua comunicazione, e nello stesso tempo ci propone un controcanto ai salti, alle omissioni, alle menzogne della storia ufficiale. «Per raccontare la storia della famiglia Ji bisogna prima parlare di Dadao, la grande isola. Dadao si trova in mezzo al mare. Nei giorni in cui cade una pioggia leggera e allo stesso tempo brilla il sole, dalla terraferma si può scorgere, anche se un po’ confusamente, la sua immagine capovolta proiettata nel cielo. Alcuni pescatori sostengono che sono necessari tre giorni di viaggio per raggiungerla, altri che ne servono cinque, altri ancora che ne basta uno. Dipende dalla direzione del vento: se non è a favore, non vi si arriva neanche navigando per un mese. Spesso è avvolta da mille strati di nebbia e chi non conosce l’approdo rischia di naufragare quando si avvicina».
LIU YICHANG
Un incontro (traduzione di Maria Rita Masci, 2005)
Il libro, che ha ispirato il film del regista Wong Kar-wai, In the Mood for Love, segue il percorso di due personaggi nel cuore di Hong Kong. Un uomo maturo e una giovane donna percorrono le strade di Hong Kong. Lui, immerso nella memoria, coglie nella città solo i segni appartenenti al passato, al suo arrivo nell’isola, al difficile cammino fin lì percorso. Lei, proiettata verso il futuro e sognatrice, vede in ogni angolo della città uno spunto per le proprie fantasie: diventare attrice, sposarsi, raggiungere il successo. Opposti e paralleli, i due incontrano le stesse persone, frequentano gli stessi luoghi, ma tutto ispira loro pensieri e sentimenti rovesciati. Finché in un cinema si troveranno l’uno di fianco all’altra.
LI YIYUN
Mille anni di preghiere (traduzione di Eva Kampmann, 2008)
Secondo un proverbio cinese ci vogliono trecento anni di preghiere per attraversare un fiume sulla stessa barca di un’altra persona: «C’è un motivo per ogni rapporto umano, questo è il significato del proverbio. Ci vogliono tremila anni di preghiere per poggiare la tua testa sul cuscino accanto a quella della persona che ami. Per un padre e una figlia? Mille anni, forse». I racconti di Yiyun Li hanno la forza e la delicatezza delle preghiere, quelle in grado di gettare un po’ di luce sull’insondabile mistero dell’esistenza. Ma, a differenza di preghiere o parabole, sono storie che non risparmiano un fondo di amara crudeltà, trascinando il lettore verso quel momento di improvvisa rivelazione che solo la letteratura possiede. Un uomo e una donna innamorati di un bellissimo attore dell’Opera di Pechino; un bambino dai lineamenti troppo simili a quelli di Mao; un militare amante delle speculazioni capitaliste; una ragazza tradita che imparerà quanto può essere angoscioso mantenere le promesse: ambientati in una Cina allo stesso tempo quotidiana e mitica, i racconti di Yiyun Li non solo offrono un ritratto spiazzante di un Paese e di un popolo travolti dai cambiamenti, ma anche indimenticabili riflessioni sull’universale aspirazione alla felicità e sul dolore attraverso cui questa ricerca inevitabilmente passa.
I girovaghi (traduzione di Eva Kampmann, 2010)
Il primo giorno di primavera del 1979 non segna un passaggio di stagione come tutti gli altri per Fiume Fangoso, una cittadina industriale nel cuore della Cina: ottantamila abitanti stipati in casette cubiche dalle pareti sottilissime, vicoli sterrati, minuscoli cortili tutti identici fra loro. A incrociarsi, il mattino del giorno stabilito per l’esecuzione di una controrivoluzionaria, sono i destini degli ultimi della città: maestro Gu e sua moglie, sfortunati genitori di Shan, la condannata, Tong, il ragazzino di campagna, il vecchio Hua e sua moglie, raccoglitori girovaghi di rifiuti e neonate abbandonate; oppure Nini, undicenne deforme dallo sguardo penetrante, e l’imbelle Bashi, con la sua insaziata curiosità verso le ragazzine, o il solitario vecchio Kwen, incattivito come il cane nero che tiene alla catena. Ma sarà un giorno decisivo anche per chi all’apparenza ha tutto ciò che si possa desiderare, come la bella Kai, annunciatrice del partito e moglie di Han, politico in ascesa. L’esecuzione della controrivoluzionaria porterà al pettine i nodi che aggrovigliano gli abitanti di Fiume Fangoso, i quali si ritroveranno dopo quindici giorni nella piazza principale, a testimoniare con un fiore bianco di carta velina la loro silenziosa ribellione. E dalla capitale giunge l’eco di un cambiamento, nel segno del Muro della democrazia.
Più gentile della solitudine (traduzione di Laura Noulian, 2015)
I silenzi della bella ed enigmatica Ruyu, l’entusiasmo ingenuo di Moran, la spavalderia di Boyang. Tre adolescenti che condividono la vita nel cortile comune di un caseggiato di Pechino, nel 1989, subito dopo le proteste e gli scontri di piazza Tian’anmen. A vent’anni di distanza, si troveranno sparpagliati tra le due coste degli Stati Uniti e la capitale cinese, ora in piena crescita economica. Sarà il riemergere di un segreto dal loro passato a farli incontrare di nuovo. Cosa unisce Boyang, giovane immobiliarista rampante di Pechino, Ruyu, commessa e amica-factotum di ricche e annoiate signore californiane, e Moran, ricercatrice di laboratorio in una sperduta azienda farmaceutica del Massachusetts? O meglio: quale segreto del loro passato li divide e li tiene lontani? E quale ruolo ciascuno di loro ha avuto nella morte dell’antica compagna cui si apprestano a dare l’ultimo saluto? L’alternarsi della realtà della Cina di fine anni Ottanta con la contemporaneità, tra Pechino e gli Stati Uniti, scandisce le esistenze dei quattro protagonisti, avvolte da un’aura di malinconica sospensione e stravolte, quasi senza che se ne rendessero conto, dai tragici eventi pubblici e privati che le hanno sfiorate.
MIAN MIAN
Nove oggetti di desiderio (traduzione di Maria Rita Masci, 2001)
Quattro racconti che nascono da un sottobosco rock urbano e notturno, fatto di bar discoteche e strade affollate, di amori laceranti, incontri sessuali tormentati, identità incerte, dove si consuma alcol e droghe (ma anche, voluttuosamente, cioccolato) e si ha sempre la sensazione che stia per mancare il respiro, che ci sia una cappa asfissiante appena dietro l’ostentata libertà dei comportamenti, dietro l’orgogliosa rivendicazione di poter, finalmente, scegliere la propria vita e scrollarsi dalle spalle il peso del passato. Con la voglia però di non arrendersi all’autodistruzione, di riuscire a trovare la propria strada, rimanendo fedeli a se stessi.
MO YAN
Grande seno, fianchi larghi (traduzione di Giorgio Trentin, 2002)
Un commovente omaggio alla propria madre e alle proprie radici e insieme, uno sguardo che attraversa la storia travagliata della Cina. Dalla società feudale degli anni Trenta all’odierno capitalismo di stato, passando attraverso sussulti e rivolgimenti dell’era maoista, figli e nipoti degli Shangguan affrontano gioie e dolori dispensati da una terra estrema, primordiale. Nessuno meglio di Mo Yan sa rendere l’anima senza tempo della civiltà e della cultura cinesi, attraverso le sue mille evoluzioni e sfaccettature.
Con questo romanzo, censurato in patria per l’esplicita crudezza delle testimonianze che riporta e i suoi toni corrosivi e grotteschi, Mo Yan torna al grande affresco rurale e mitologico che aveva reso celebre Sorgo rosso.
Il supplizio del legno di sandalo (traduzione di Patrizia Liberati, 2005)
Cina 1900: provincia dello Shandong. Sun Bing è un ribelle per caso, che si ritrova a guidare una rivolta di contadini a fianco dei Boxer, la società segreta cinese nemica delle potenze imperialistiche straniere. Ma Sun Bing non è solo un contadino in guerra contro un potere più grande di lui, e da cui sarà atrocemente punito. È anche un artista, è un uomo che vive di canto e per il canto. Di fronte a lui, Zhao Jia, il vecchio boia grande esperto di torture, giunto all’ultimo lavoro della sua carriera. Come Sun Bing, con il canto, anche Zhao Jia possiede una tecnica antichissima. I due maestri si affrontano con la loro rispettiva arte cercando, nelle condizioni estreme, di portare a termine il capolavoro della propria vita e della propria morte.
L’uomo che allevava i gatti (traduzioni di Daniele Turc-Crisà, Lara Marconi e Giorgio Trentin, 2008)
Raccolta di racconti in cui la Cina è rappresentata nella crudezza, a volte nella brutalità della sua vita quotidiana, quella di Mo Yan. Ma anche una Cina toccata dalla poesia, dalla sensazione del meraviglioso. I personaggi di questi racconti sembrano sempre sul punto di soccombere, ma conservano una loro leggerezza magica. In particolare, sono i bambini a impersonare il confine tra fragilità assoluta e capacità di illuminare il mondo, di fare miracoli. E sono loro i protagonisti, orfani, miserabili ma ricchi della capacità di vedere le piú sottili efferatezze e le piú segrete meraviglie.
Secondo Mo Yan sono loro a portare sulle spalle il peso dell’anima, e cercano di traghettarla sull’altra riva del fiume : tra esseri umani che spesso hanno dimenticato di essere stati anche loro, un giorno, figli e bambini.
Le sei reincarnazioni di Ximen Nao (traduzione di Patrizia Liberati, 2013)
Primo gennaio 1950: Ximen Nao è stato giustiziato dai suoi mezzadri alla vigilia della rivoluzione cinese e da due anni vive nel mondo delle tenebre. Sebbene subisca torture e dolorosi supplizi, rifiuta di pentirsi: è convinto di essere stato condannato ingiustamente. Il signore della morte, stufo delle sue lamentele, alla fine gli concede la possibilità di reincarnarsi dove ha vissuto. Ma c’è una cosa che Ximen Nao non sa: prima di tornare nel suo corpo, la notte del 31 dicembre 2000, si dovrà reincarnare in asino, toro, maiale, cane, scimmia. Durante questi cinquant’anni Ximen Nao sarà partecipe degli eventi piccoli e grandi che hanno contribuito a trasformare la Cina: la riforma agraria, la Rivoluzione Culturale, la morte di Mao Zedong e le innovazioni degli anni piú recenti, permettendoci di scoprire, attraverso la prosa evocativa e potente del suo autore, un mondo struggente e difficile, una terra che continua a parlarci di un tempo leggendario e indimenticabile.
Le rane (traduzione di Patrizia Liberati, 2014)
Tutti i bambini della regione di Gaomi sono venuti al mondo grazie alle cure e alla sapienza di Wan Xin, l’unica levatrice della zona. Il suo è un talento naturale che in breve tempo la fa diventare l’amata custode dei segreti della maternità. Ma quando, a metà degli anni Sessanta, il Partito le chiede di mettersi al servizio del programma di controllo delle nascite, lei – per coerenza, per fedeltà, per debolezza – accetta, e da eroica dea della fertilità si trasforma in boia inesorabile di nuove vite. Finché, in una drammatica notte di molti anni dopo, tornando a casa, si smarrisce in una zona paludosa: il gracidare delle rane le ricorda il pianto dei bambini mai nati, e i corpi gelidi degli animali, come piccoli feti abortiti, la circondano, la ricoprono, spingendola a confrontarsi con le sue colpe e a ripensare la sua intera esistenza.
Sorgo rosso (traduzione di Rosa Lombardi, 2014)
La storia epica, grandiosa di questo capolavoro della letteratura cinese contemporanea, si staglia sullo sfondo degli sconfinati campi di sorgo «che in autunno scintillano come un mare di sangue». Dal banditismo degli anni Venti, alla cruenta invasione giapponese degli anni Trenta e Quaranta, fino al periodo che precedette la Rivoluzione culturale, Sorgo rosso racconta le avventure e gli amori del bandito Yu Zhan’ao e della sua famiglia, in un affresco che ritrae un intero popolo, tutto un Paese. Un Paese dalle campagne brulicanti di anime sperdute – contadini, soldati, monaci buddisti, maghi taoisti – in cui «un vento maschio spazza una terra femmina» e il sangue versato è «morbido e liscio come piume d’uccelli».
Le canzoni dell’aglio (traduzione di Maria Rita Masci, 2015)
Costretti a coltivare aglio da una stolta pianificazione agricola, ridotti alla fame dalla corruzione dei funzionari di Partito, i contadini di Tiantang si ribellano, prendono d’assalto la sede del distretto, irrompono negli uffici, lanciano dalla finestra i vasi di fiori e l’acquario che abbelliscono l’arredamento del capo, danno fuoco ai documenti, alle tende, ai mobili. Tra di loro ci sono anche Gao Ma e Jinju, che si amano ma devono combattere contro usanze antiche, teoricamente abolite dalla legge, come il matrimonio combinato. Gao Ma si ribella a questa usanza e, non avendo ottenuto il sostegno delle autorità, fugge insieme a Jinju per rifarsi una vita in un’altra provincia. Con grande tensione narrativa Mo Yan descrive la lotta del singolo contro l’arbitrio dello Stato nella Cina contemporanea, in un romanzo intenso dove la poesia si trasforma in amaro realismo.
Il paese dell’alcol (traduzione di Silvia Calamandrei, 2016)
L’ispettore Ding Gou’er è sulle tracce di un traffico che consente ad alcuni selezionati ristoranti di offrire ai propri clienti un cibo prelibatissimo: la carne di neonato. Inviato a Jiuguo per verificare la fondatezza delle anonime accuse ricevute in Procura, Ding è costretto a continue libagioni nei banchetti ufficiali a cui è invitato dalle autorità locali, e, obnubilato dai fumi dell’alcol, non riesce mai a capire se quanto gli viene imbandito è veramente carne umana o una presentazione ad effetto frutto della manipolazione di altri ingredienti: le braccine che gli vengono offerte come leccornia si rivelano gambi di fiori di loto abilmente modellati dal coltello del cuoco. Nelle indagini trova antagonisti e compagni, non sempre fidati, e incontra una serie di incredibili personaggi, dalla seducente autista di camion al diabolico nano imprenditore, dal boss locale alla responsabile dell’Accademia di cucina che insegna a cucinare gli ornitorinchi, dal guardiano del Cimitero dei martiri rivoluzionari al venditore ambulante di ravioli. Nei dieci capitoli dedicati all’inchiesta, sono incastonati uno scambio epistolare tra l’autore e un aspirante giovane scrittore esperto di distillazione di alcolici, e un suo racconto breve con personaggi e vicende che rimandano o echeggiano la narrazione cornice: si viene così a creare un gioco di specchi tra realtà e finzione in cui Mo Yan finisce per ritrovarsi personaggio nel capitolo conclusivo che non offre né una soluzione dell’enigma né una catarsi, perché i protagonisti e i loro alter ego restano invischiati e presi in trappola, inseguendo le proprie ambizioni e i propri fantasmi e lasciandosi catturare dai meccanismi perversi del potere.
I quarantuno colpi (traduzione di Patrizia Liberati, 2017)
Per espiare i suoi peccati e pervenire, attraverso l’adesione al buddhismo, alla suprema saggezza, il giovane Luo Xiaotong racconta, costantemente distratto dall’arrivo di una fantasmagoria di persone e dalla rutilante Sagra della carne che si sta organizzando all’esterno del tempio, la propria vita al Grande monaco Lan. È in primo luogo la storia della rovina della sua famiglia, con il padre che, dopo essere scappato con un’altra donna, torna a casa pentito ma finisce per uccidere la moglie quando scopre che è diventata l’amante di Lao Lan, il capo villaggio. Ma è al contempo, e soprattutto, la testimonianza del degrado morale che ha comportato il passaggio, in Cina, dall’economia socialista a quella di mercato. Il mito della prosperità ha trasformato la macellazione, un’attività tutto sommato artigianale e tradizionale alla base dell’economia del posto, in una carneficina industriale che non si ferma nemmeno davanti a metodi illegali e atrocemente crudeli. E Luo Xiaotong, benché ancora bambino, è parte attiva in questo processo, perché l’idea di rendere accessibile a tutti la carne, di cui è patologicamente ingordo, gli stimola uno spirito imprenditoriale che fa di lui l’eroe della zona, osannato come un santo, elevato a divinità. Ma quando la madre muore, il padre finisce in prigione e la fabbrica è messa sotto processo per frode, è costretto a vagare per le campagne chiedendo l’elemosina. Nel momento in cui però trova i proiettili di un vecchio mortaio nasce in lui il desiderio di vendetta nei confronti di Lao Lan, l’artefice dell’arricchimento degli abitanti (oltre che della sua rovina).
I tredici passi (traduzione di Maria Rita Masci, 2019)
Stremato dalla fatica, il professor Fang Fugui, che insegna fisica in un liceo, muore mentre è in cattedra. Il suo corpo viene portato alle pompe funebri «Belmondo» dove il chirurgo plastico Li Yuchan dovrebbe prepararlo per la cerimonia. Ma poiché è impegnata a rendere presentabile il vice sindaco della città, suo ex amante, il corpo del professore viene messo in attesa in una stanza frigorifera. Qui resuscita e fugge. Sulla via di casa, cade in un cantiere aperto e si ricopre completamente di calce; la moglie, credendolo un fantasma, lo caccia. Allora bussa alla porta dei vicini che sono Zhang Hongqiu, professore di fisica nel suo stesso liceo, e sua moglie, Li Yuchan, il chirurgo plastico delle pompe funebri. Poiché preferiscono saperlo morto, per farne un emblema della triste condizione degli insegnanti, i tre dirigenti della scuola decidono di dare a Fang i connotati di Zhang (grazie alle abilità chirurgiche di Li Yuchan), con l’intesa che andrà a insegnare al liceo al suo posto, mentre il secondo cercherà di far soldi dandosi agli affari a beneficio delle due famiglie. Assunte le nuove sembianze, Fang forza la propria moglie a fare l’amore con lui; la donna, credendo di essere stata violentata dal vicino, si deprime e finisce per annegarsi nel fiume. Zhang passa innumerevoli peripezie cercando di darsi al commercio delle sigarette e alla fine si convince che il suo posto è l’insegnamento. Tutt’altro che a proprio agio nella nuova identità, Fang tenta di tornare come era, poi disperato cerca di impiccarsi con la cinta dei pantaloni. Proprio in quel momento vede un passero ferito che avanza verso di lui; ne conta i passi e arriva sino a dodici: secondo un’antica leggenda vedere zampettare un passero è di buon augurio, il primo passo porta ricchezza, il secondo potere, il terzo fortuna con le donne e via di seguito fino al dodicesimo. Ma se lo si vede compiere il tredicesimo tutto il bene si capovolge trasformandosi in tragedia.
WANG ANYI
La canzone dell’eterno rimpianto (traduzione di Maria Rita Masci, 2011)
Nella Shanghai cosmopolita e brillante dell’immediato dopoguerra, la sedicenne Wang Qiyao intende approfittare delle possibilità offerte da un concorso di bellezza. Non vince, ma riesce comunque a conquistare una certa notorietà perché rappresenta un tipo di fascino «quotidiano»: quello, elegante ma non vistoso, che si incontra per strada tutti i giorni e che meglio incarna lo spirito della città. Scoperta da un fotografo che l’ama non ricambiato, diventa l’amante del potente Direttore Li. Ma la Cina si trova in un momento storico di grandi mutamenti e quando Li muore in un incidente aereo, Wang Qiyao deve lasciare l’ovattata atmosfera della residenza Alice, dove vivono le mantenute; possiede solo una scatola di legno intarsiato che contiene alcuni lingotti d’oro avuti in regalo dall’amante. Wang Qiyao è costretta a reinventarsi un’esistenza all’ombra dei grandi sommovimenti politici; si mantiene facendo l’infermiera e riunisce attorno a sé una piccola cerchia di amici con i quali passa il tempo a cucinare, a giocare a majiang e a chiacchierare davanti a una stufa. Dalla fugace relazione con uno degli ospiti nasce una figlia, Weiwei. La sua è un’esistenza fatta di dettagli e di piccoli piaceri intimamente legata a quella di Shanghai, la città cinese più aperta e occidentale.
Dopo la morte di Mao, con l’inaugurazione della politica delle riforme, a poco a poco torna a emergere la vecchia metropoli: la moda, le vetrine, lo stile, i neon, i ristoranti, le feste, i balli. E Wang Qiyao, che per molti versi è l’emblema di quel passato, dopo quarant’anni torna a essere un punto di riferimento anche per le nuove generazioni.
YAN LIANKE
Servire il popolo (traduzione di Patrizia Liberati, 2006)
Parodiando lo stile burocratico che irride alle regole della disciplina militare, Yan Lianke racconta la storia di un audace servitore del popolo il quale, seguendo i dettami di Servire il popolo del Presidente Mao, offre i propri servigi sessuali alla moglie del suo comandante. Ventottenne ambizioso, Wu Dawang è infatti uno zelante rivoluzionario che sa recitare a memoria i 286 articoli del Libretto rosso del Presidente Mao. Senza sapere di essere spiato con il binocolo dalla bella Liu Lian, moglie del comandante, si cimenta nel suo lavoro nell’orto, mostrando la splendida muscolatura lucida di sudore. Dopo un primo rifiuto e il rischio di essere licenziato per indisciplina, diventa l’amante della signora. Yan Lianke descrive minuziosamente le decine di amplessi tra i due in ogni angolo della casa. Ma la signora ha ancora in serbo delle sorprese per il suo giovane amante. Censurata dal regime come pornografia, questa storia, che utilizza alcuni dei sacri oggetti del culto maoista, è una denuncia del travisamento dei precetti rivoluzionari per scopi personali.
ZHANG WEI
L’antica nave (traduzione di Maria Rita Masci, 2018)
Pubblicato originariamente nel 1987, due anni prima delle proteste che sfociarono poi nella tragedia di Piazza Tian’anmen, il romanzo ripercorre quattro decenni di storia cinese, mettendo in risalto tutte le speranze che la rivoluzione maoista aveva inizialmente suscitato e le delusioni che la realtà del socialismo portò con sé. La vicenda è ambientata nella piccola città di Wali, sulla riva del fiume Luqing, un luogo di fantasia nella provincia dello Shandong. Narra i fluttuanti rapporti fra tre generazioni delle principali famiglie del posto, i Sui, i Li e gli Zhao, dagli anni Trenta ai primi anni Ottanta. Nel periodo Repubblicano, il clan Sui possiede un’enorme fabbrica di vermicelli di soia, i celebri Drago bianco, che vengono esportati in tutto il mondo. Gli Zhao, invece, lavorano la terra o fanno gli operai. La rivoluzione del 1949 ribalta tuttavia ogni cosa: gli Zhao conquistano il potere e sfogano il loro odio nei confronti dei padroni del passato prendendo possesso dei loro beni e facendo violenza alle loro donne; la fabbrica viene nazionalizzata e i membri della famiglia Sui sono trasformati in operai della loro stessa azienda, mentre i Li, scienziati un po’ eccentrici, non possono più dedicarsi all’innovazione scientifica ma si vedono costretti a riparare i macchinari. Ma il ribaltamento dei ruoli porta con sé infinite tragedie.
POESIA
Le trecento poesie T’ang (traduzione di Martin Benedikter, 1961)
Fu un “Eremita dello Stagno di Loto” a curare nel Settecento questa famosa raccolta di poesie, tratte da migliaia e migliaia di componimenti del periodo Tang, la cui dinastia durò tre secoli, dal 618 al 906: un’epoca fra le più feconde della civiltà letteraria cinese. Di quella fioritura irripetibile il volume offre una testimonianza eloquente, alternando liriche delicate e struggenti a madrigali, epigrammi, ballate, poesie d’occasione. Questa edizione esemplare, dovuta a Martin Benedikter, ne conserva intatto il fascino in virtù di una tradizione di rara aderenza e sensibilità.
Nuovi poeti cinesi (a cura di Claudia Pozzana e Alessandro Russo, 1996)
Una scelta di diciotto autori diversi emersi negli ultimi 15-20 anni nel panorama letterario cinese. Dieci di questi erano già stati pubblicati nel 1988 in un fascicolo della rivista In forma di parole; gli altri otto sono più giovani e si sono fatti conoscere solo in questi ultimissimi anni. Alcuni degli autori qui rappresentati fanno parte di quei poeti menglong, cioè “oscuri”, denigrati e osteggiati dalle autorità nei primi anni Ottanta. Altri, i più giovani, proseguono nella riflessione sulla lingua della generazione precedente ma senza il gusto dell’eroismo avanguardistico. Sono comunque tutti autori estranei agli apparati culturali ufficiali, pubblicati su riviste indipendenti, senza aiuti ma anche senza vincoli burocratici. Tra di essi ci sono voci di grande originalità e forza poetica. L’antologia è accompagnata da un questionario sulla poesia cinese contemporanea, sui rapporti con la tradizione e l’Occidente. Le risposte degli autori offrono un quadro anche teorico della cultura cinese di oggi. Edizione con testo a fronte.