Yan Lianke racconta una storia surreale, straniante e simbolica, dagli esiti tragici
Cosa succederebbe se in alcuni paesi di montagna tutti diventassero sonnambuli? Quali azioni commetterebbero le persone in preda a uno stato di inconsapevole incoscienza? Ce lo racconta Yan Lianke nel suo ultimo romanzo tradotto in italiano da Lucia Regola e pubblicato da Nottetempo, Il giorno in cui morì il sole (2022), uscito a Taiwan nel 2015.
Tutto si svolge in un solo giorno, il sesto del sesto mese del calendario lunare nei villaggi dei Monti Funiu. Un giorno che si dilegua in una lunga notte, che sembra non finire mai. Al crepuscolo, tra gli abitanti comincia a diffondersi un sonnambulismo contagioso e fuori controllo, in cui i desideri e i pensieri soppressi durante la disciplinata realtà del giorno prendono forma e guidano le azioni degli uomini, fino alle conseguenze più estreme. A narrare la storia è il quattordicenne Li Niannian, l’unico a non cadere in balia del fenomeno, mentre osserva i fatti sconvolgenti che gli stanno succedendo intorno, coinvolgendo anche i suoi familiari.
Il racconto scorre tra descrizioni dettagliate del fenomeno surreale che, pagina dopo pagina, diventa sempre più dilagante e preoccupante, mostrandoci i lati più oscuri delle persone, che si traducono in azioni efferate, dalle conseguenze tragiche. Morti, furti, violenze si moltiplicano.
In balia del sonnanbulismo, le persone perdono qualsiasi freno e danno libero sfogo alle proprie pulsioni, senza alcuna inibizione né raziocinio.
La situazione è ormai fuori controllo quando sul destino di quegli abitanti della Cina rurale comincia ad aleggiare un inquietante interrogativo, che mette in discussione lo scorrere naturale delle cose e dà alla natura un ruolo centrale nella vita delle persone: spunterà di nuovo il sole a riportare la luce facendo destare le persone e riportando la normalità? E se così non fosse, cosa accadrà? In ogni caso nulla sarà come prima.
Il giorno in cui morì il sole è un romanzo avvincente, che mette in luce temi e tratti caratteristici della scrittura di Yan Lianke. Ricco di elementi simbolici, porta il lettore a riflettere sulle distorsioni di una società malata, in cui ciò che si nasconde sotto la superficie è decisamente diverso da ciò che si vede, e a interrogarsi sull’esistenza umana e sulla contemporaneità.
Riflessioni che prendono forma procedendo nella lettura del romanzo. Yan Lianke sottolinea concetti in modo insistente, con frequenti ripetizioni di frasi e parole. Un tratto stilistico che se da una parte riflette una caratteristica della lingua e della scrittura cinesi, dall’altra contribuisce a trasmettere al lettore quel senso di ineluttabilità e inquietudine che permea l’intero romanzo, nonostante non manchi la consueta vena satirica e grottesca che caratteristica lo scrittore.
Da sottolineare anche la scelta di ritagliare per sé stesso e per i suoi libri un posto nel romanzo. Yan Lianke, infatti, è il vicino di casa del giovane Li Niannian, che spesso cita passi delle sue opere e si lascia andare a digressioni sulla scrittura di Yan.