Un saggio che racconta la Cina senza pregiudizi, cercando di spiegarne le numerose sfaccettature e contraddizioni, arricchito da aneddoti ed esperienze personali dell’autrice
Girando tra gli scaffali delle librerie, come vi sarà sicuramente capitato di notare, i saggi dedicati alla Cina sono molti. Sia di autori italiani che stranieri. Scritti da giornalisti, politologi, persone che in qualche modo hanno o hanno avuto a che fare con la Cina o anche da chi in realtà la conosce ben poco. In genere non mi appassionano perché spesso ho riscontrato che finiscono per riproporre teorie, analisi e spiegazioni trite e ritrite, che non aggiungono molto alla comprensione della Cina, a cui guardano con una certa supponenza, infarcita di pregiudizi e categorie occidentali.
Tutto questo non vale per Nella testa del Dragone di Giada Messetti (Mondadori, 2020). Sinologa, giornalista e autrice televisiva, ci racconta la Cina partendo dalle sue esperienze personali, consapevole della molteplicità di aspetti e contraddizioni che occorre considerare quando si parla di questo Paese in continuo e frenetico cambiamento.
In sette capitoli, l’autrice affronta tematiche attuali, spiegandone in modo chiaro cause, sviluppi e conseguenze, cercando di dare risposte a interrogativi che spesso l’osservatore occidentale si pone, senza però dare giudizi di valore, ma limitandosi a riportare fatti, dati, testimonianze ed esperienze vissute.
Il libro si apre con un capitolo dedicato all’uomo che guida il Paese in questo momento: il presidente cinese Xi Jinping. Sempre più presente nella scena internazionale, è un elemento fondamentale per comprendere dove la Cina sia arrivata oggi e dove stia andando. Messetti ripercorre la storia del «principino rosso», la sua ascesa al potere, il suo pensiero e le sue ambizioni. Ci spiega i fondamentali concetti di «Sogno cinese» e «rinascita», alla base della politica del presidente cinese. E sfata uno dei luoghi comuni ripetuti più spesso, quando si parla di lui definendolo il nuovo Mao:
Il paragone con il Grande Timoniere è fuorviante per un motivo molto semplice: la Cina di Xi Jinping non è la Cina di Mao Zedong.
Tra le ambizioni di Xi c’è senza dubbio il progetto della Nuova Via della Seta, a cui è dedicato il secondo capitolo del libro, che si sofferma sull’impatto geopolitico dell’iniziativa, entrando nel dettaglio delle ripercussioni che è destinato ad avere sul piano nazionale e internazionale.
Disegnato il quadro politico della Cina odierna, Messetti si addentra nella quotidianità cinese, descrivendoci la massiccia diffusione di internet e il suo profilo altamente tecnologico, soffermandosi anche sugli aspetti più contraddittori, come il rigido controllo a cui sono sottoposti i cittadini, il sistema dei crediti sociali, la privacy e la censura. Quindi, passa allo scontro tra Cina e Stati Uniti. E, dopo aver ricostruito lo sviluppo dei rapporti tra Repubblica popolare cinese e Usa a partire dalla loro nascita fino ad oggi, Messetti ci porta dritti al nocciolo della questione: Huawei e 5G.
Gli Usa temono che il 5G sia il veicolo che permetterà alla Cina il sorpasso nella corsa verso l’intelligenza artificiale.
Altra spinosa questione riguarda i territori in cui la Cina deve fronteggiare spinte separatiste. Nel capitolo dedicato a Hong Kong, Taiwan, lo Xinjiang, il Tibet, le isole Senkaku-Diaoyu, l’ autrice sceglie di spiegare i precari equilibri con la Cina continentale attraverso la «diplomazia del panda», animale simbolo del Paese.
Nella testa del Dragone mette un po’ d’ordine alla valanga di informazioni che abbiamo sulla Cina, ma che molto spesso si rivelano parziali, superficiali e fuorvianti. Giada Messetti dipinge un quadro completo e aggiornato sulla Cina odierna, approfondendo numerosi aspetti che la riguardano e aiutando il lettore a comprendere meglio un Paese che, nonostante tutto, continua a essere lontano e poco conosciuto. Un libro adatto a chi vuole saperne di più, oltre i pregiudizi e i luoghi comuni, nella convinzione che, come scrive la giornalista:
Per la prima volta nella storia recente sarà necessario non solo pensare alla Cina in maniera diversa, ma cominciare a ragionare su come rispondere al gigante asiatico senza presupporre che la nostra cultura di appartenenza sia in qualche modo migliore e superiore alla sua.