Un viaggio nella Pechino del XVIII secolo con una guida d’eccezione: il giornalista, scrittore e profondo conoscitore della Cina Adriano Màdaro
Adriano Màdaro è una certezza. Quando scrive di Cina, sicuramente lo fa per divulgare conoscenze significative, svelarci aspetti interessanti e magari poco noti e fornirci stimolanti spunti di riflessione.
Se con Capire la Cina (Giunti, 2021) si è soffermato sulla storia del Paese e dei suoi rapporti con l’Occidente, Italia compresa, ha raccontato la Cina di Mao Zedong e il rapido sviluppo seguito alle riforme promosse da Deng Xiaoping, ha spiegato i concetti chiave del sogno cinese e del socialismo con caratteristiche cinesi, fino ad arrivare all’attualità, al presidente Xi Jinping, alle relazioni tra Cina e Stati Uniti, al progetto della Nuova Via della Seta e alle spinose questioni territoriali di Tibet, Xinjiang e isole contese nel Mar cinese meridionale, in Pechino imperiale (Giunti, 2023) volge lo sguardo al passato e accompagna il lettore tra le vie della capitale del XVIII secolo, nel periodo del suo massimo splendore, quando regnava Qianlong (1735-1796). In particolare, Màdaro immagina di camminare nella Pechino del 1780, quando l’accesso agli stranieri era proibito.
È un viaggio straordinario che ha richiesto a Màdaro oltre vent’anni di accurate ricerche attraverso le quali è riuscito a ricostruire nel dettaglio come si sviluppava la Città Celeste, tracciando una dettagliata mappa suddivisa nei quattro quadrati che la componevano e ospitavano rispettivamente la Città Proibita, la Città Imperiale, la Città Cinese e la parte esterna alle mura tartare.
Oggi Pechino è una capitale avveniristica, caratterizzata da edifici moderni, progettati da archistar e il suo volto è cambiato in maniera profonda e in tempi record. Màdaro alza il velo della modernità e del lusso mostrandoci dove affondano le loro radici.
In oltre 430 pagine descrive minuziosamente strade, edifici e dettagli architettonici, svela simbolismi e significati inimmaginabili per chi non conosce nel profondo la cultura cinese, partendo dalle origini di Pechino, ideata all’inizio del Quattrocento dall’imperatore Yongle, terzo sovrano della dinastia Ming. Fu lui, infatti, nel 1402, a decidere di trasferire la capitale della Cina a nord, lasciando Nanchino.
Secondo le sue intenzioni, la città doveva essere espressione del potere imperiale, ma anche del legame tra Cielo e Terra, di cui l’imperatore, considerato Figlio del Cielo era l’espressione. I lavori di costruzione furono avviati nel 1406 e quindici anni dopo, tre anni prima della sua morte, Yongle trasferì la corte imperiale a Pechino.
Madarò traccia la planimetria della Pechino imperiale, sottolineandone la simmetria e il rigido schema con cui è stata progettata e realizzata. Uno schema che tiene in grande considerazione il simbolismo dei numeri, ancora oggi radicato nella cultura cinese. L’autore non si limita a svelare tale simbolismo, soffermandosi sul valore e il significato dei numeri, in particolare il tre e il nove, ma mostra in quali aspetti architettonici essi sono reperibili.
Così, pagina dopo pagina, ci appaiono davanti agli occhi palazzi, altari, giardini, strade, statue, mura, che vengono descritti dall’autore nel loro aspetto esteriore, ma soprattutto nel loro valore culturale, restando fedele al consueto stile scorrevole e accattivante, capace di catturare l’attenzione e l’interesse anche del lettore meno esperto di Cina.
Ad ogni riga è evidente il grande lavoro di ricerca e studio che c’è dietro Pechino imperiale. Attraverso la ricostruzione e la descrizione architettonica, Màdaro svela al lettore la vita nella Cina imperiale del XVIII secolo. Fa conoscere la figura dell’Imperatore, illustrandone abitudini, compiti e doveri; spiega la legge e si sofferma sulle punizioni inflitte a chi la trasgrediva; racconta aneddoti e curiosità sulla vita di corte; ripercorre fatti storici e usanze tradizionali.
Immancabili i riferimenti ai rapporti tra Occidente e Celeste impero. Nel suo viaggio nella Pechino imperiale del regno di Qianlong spiccano i nomi di gesuiti italiani come Matteo Ricci e Giuseppe Castiglione, figure simbolo dei contatti tra Italia e Cina, ma anche la ferma condanna delle due guerre dell’oppio e della distruzione del Palazzo d’estate ad opera dei soldati francesi e inglesi.
Per consentire di orientarsi tra vie ed edifici e visualizzare la struttura urbana, i capitoli sono arricchiti da semplici mappe che aiutano a seguire le dettagliate descrizioni della Pechino dell’epoca.
Se avete voglia di partire per un viaggio nel tempo e nella storia della Cina e della sua capitale, Pechino imperiale è il libro che fa per voi. Di certo, dopo averlo letto, guarderete la Cina e Pechino con occhi diversi.